Civitavecchia

Forte Michelangelo

Cimitero monumentale

La storia

Il villaggio, che poi diventò Civitavecchia, si sviluppò lungo la costa tirrenica in epoca etrusca. La città è situata in un territorio compreso tra il fiume Mignone a nord ed il fiume Marangone a sud. Anche se non gode di grandi rilievi, la periferia è leggermente rialzata rispetto al resto dei quartieri. Inoltre vi sono numerosi fossi e piccoli canyon che partono dai vicini Monti della Tolfa e sfociano a mare. La costa presenta numerose insenature e golfetti (cellae) con fondali rocciosi, le spiagge sabbiose invece sono presenti solo verso nord.
A nord di Civitavecchia scorre l'ultimo tratto del fiume Mignone che passa poi nella provincia di Viterbo per confluire infine nel mar Tirreno.
Centum Cellae (questo il nome latino che significa Cento [numerose] Celle) era all'epoca riferito, secondo quanto scrisse Plinio il Giovane per la prima volta in una lettera nel 107 d.C., a un luogo dove erano in corso grandi lavori per la costruzione del porto, nei pressi della villa dell'imperatore Traiano. Si può ipotizzare quindi che la città venne a compimento intorno al 110 d.C. Numerose sono le ipotesi avanzate per spiegare l'origine del toponimo Centumcellae; si ritiene possa riferirsi al numero di insenature naturali che erano presenti sulla costa, oppure ai numerosi ambienti costruiti nella darsena per la raccolta merci, o ancora alle cento stanze della Villa Imperiale. Nell'828, in seguito all'invasione distruttiva dei Saraceni, la popolazione lasciò il centro, rifugiandosi prima sui monti, poi in un nuovo sito chiamato “Cencelle” (per distinguerla dal primitivo), fino a quando non fece definitivamente ritorno nell'889 nella città d'origine, cambiandone il nome in Civitas Vetula (Città Vecchia) per distinguerla da Cencelle. La città venne creata sicuramente da un insediamento etrusco. La zona civitavecchiese non diventa realmente città, né è presente in documenti romani, fin dopo il ritorno di Traiano nel 103 d.C.
Il territorio di Civitavecchia fu certamente abitato fin da epoche antichissime. Presso il torrente Fiumaretta sono stati ritrovati punte di frecce e raschiatoi in silice di epoca neolitica. Nelle località di Mattonara, Malpasso e Torre Chiaruccia, l'erosione della costa ha riportato alla luce numerosi scarichi di capanne dell'età del bronzo e dell'età del ferro. Si tratta di popolazioni che certamente traevano dal mare i propri mezzi di sussistenza.
Plinio il Vecchio nella Naturalis Historya nel libro III dedicato alla geografia del Mediterraneo occidentale, nell'elencare i popoli dell'antica Etruria nomina gli Aquenses Taurini e i Castronovani. L'ubicazione dei due insediamenti è stata accertata il primo presso il colle Ficoncella nei pressi dei resti delle Terme di Traiano, il secondo presso il torrente Marangone. Tutto il territorio di Civitavecchia è disseminato da resti di tombe etrusche e si può supporre che anche in epoca preromana, in corrispondenza dell'attuale centro della città, prosperasse un piccolo insediamento etrusco. Storici e archeologi concordano sull'esistenza di un antichissimo porto cellulare, formato cioè da piccoli bacini paralleli capaci di dare alloggio ad una singola imbarcazione. I resti di tali approdi erano ancora visibili alla fine del XIX secolo nei pressi del Forte Michelangelo.
La prima volta che compare il nome Centumcellae è in una lettera in cui Plinio il Giovane informa Corneliano di essere stato convocato dall'imperatore per il Consilium Pincipis presso la sua villa, situata nel luogo chiamato Centum Cellae, nel 107. «Villa pulcherrima cingitur viridissimis agris», così scriveva lo storico all'amico quando, ospite dell'imperatore Traiano, poté ammirare i grandi lavori, destinati a far sorgere il porto che avrebbe conservato per sempre, egli diceva, il nome del suo fondatore. L'imperatore aveva voluto stabilire in tale località la propria residenza proprio al fine di accelerare i lavori di costruzione del porto.
Il significato di Centum Cellae per anni è stato luogo di discussioni, alcuni ritengono che esso si riferisca alle insenature della costa, ma è stato ritenuto più probabile che centum, il quale in latino è un aggettivo che indica un numero ancora da definire, si riferisca alle stanze della Villa di Traiano, la quale è ancora da collocare.
Dunque si può dedurre che la data natale di Civitavecchia sia attorno al 107, durante il quale dovrebbero essere iniziati i lavori per la costruzione del porto, e che nel 110 siano terminati i lavori. Durante l'edificazione della città essa prese lo stile romano e venne edificato il cardo massimo, ovvero l'attuale Corso Marconi.
Sul finire dell'impero, quando tanti luoghi abitati, già fiorenti, declinavano rapidamente, Civitavecchia conservava ancora la sua importanza. Ne dà notizia il poeta Rutilio Namaziano che all'inizio del V secolo, tornando via mare in Gallia, si fermò presso Centocelle e descrisse sia la vitalità del porto sia le Terme di Traiano che, seppur lontane tre miglia, erano di facile accesso al viaggiatore. L’Impero Bizantino assunse il controllo di Civitavecchia tra il 537 e il 538, strappandola ai Goti. Lo storico bizantino Procopio di Cesarea, nel narrare le vicende della guerra contro i Goti, sottolinea l'importanza strategica dell'occupazione di Civitavecchia da parte delle forze bizantine, in considerazione delle dimensioni e dell'elevato numero degli abitanti della città, dotata di un porto ancora in piena efficienza. Durante la dominazione dell'impero romano d’orientela città dipendeva dal Duca con sede in Roma, ma il vero e proprio comando dipendeva dal Conte a capo della guarnigione militare di stanza in città. Di uno di essi, un certo Teofanio, vissuto verso la fine del secolo VI, si ha una menzione nei Dialoghi di papa Gregorio Magno, in ragione delle sue virtù di mitezza nel governo. Bisanzio mantenne il controllo di Civitavecchia fino all'ottavo secolo. La città passo sotto il dominio dello Stato Pontificio nel 728.
Papa Gregorio III nel 740 fece restaurare le mura che consentirono alla città di resistere al tentativo di occupazione delle milizie longobarde guidate dal duca Grimoaldo nel 749. Le mura gregoriane non bastarono qualche decennio più tardi contro gli assalti dei saraceni.
L'incombente pericolo delle incursione saracene sembra verificarsi già nell'anno 776, quando si ha notizia di navi piratesche condotte a Centumcellae e date alle fiamme. Si ha notizia di una prima devastante incursione e del saccheggio di Centumcellae tra la fine dell'813 e gli inizi dell'814 (da Eginardo, lo storico di corte di Carlo Magno nella sua opera Vita Karoli), cui seguirono ripetute incursioni, fino alla distruzione della città nell'828. Gli abitanti dovettero trovare rifugio tra le selve boscose circostanti, ma già nell'854 il pontefice Leone IV, per dare loro stabile e sicura dimora, consacrò non lontano, tra le colline dei Monti della Tolfa, sulla sinistra del fiume Mignone, sui ruderi di un preesistente pagus etrusco, una nuova città, che secondo il biografo di questo pontefice avrebbe dovuto chiamarsi Leopoli, ma che nella realtà, come attestano i documenti, perpetuò il nome di Centumcellae, anche perché ivi si era trasferito il vescovo della primigenia città romana portando con sé il titolo dell'antica omonima diocesi. Questa nuova città munita di dieci torri e tre porte prosperò per lungo tempo come libero Comune mutando gradualmente il nome in Centocelle e poi Cencelle.
Una narrazione esaltata da Vincenzo Annovazzi, alimentata da errate interpretazioni storiche, narra che dopo 60 anni dall'invasione saracena dell'828, la popolazione della nuova città di Leopoli fosse assai incerta se tornare tra i ruderi della vecchia Centumcellae o rimanere nel nuovo abitato, lontano dal mare ma certamente più protetto da altre eventuali invasioni. La popolazione totalmente rinnovata e i giovani affezionati al luogo nativo si sarebbero riuniti in aperta campagna all'ombra di una grande quercia, per decidere se tornare ai luoghi antichi vicini al mare. Quando i contrari al ritorno stavano per ottenere la maggioranza sarebbe intervenuto un vecchio marinaio, di nome Leandro, uno dei superstiti dell'antica città. Il suo eloquio sarebbe stato così convincente che riuscì a cambiare l'esito della votazione convincendo l'assemblea a votare, all'unanimità, per il ritorno alla vecchia città, che sarebbe stata ribattezzata appunto Civitas Vetula. Sarebbe questo, secondo la leggenda, all'origine del simbolo della città, la quercia con le lettere O.C., per l'ottimo consiglio fornito dal vecchio marinaio, al quale sarebbe stata intitolata la piazza principale della nuova città marinara, ancora oggi denominata piazza Leandra. In realtà il nome si fa risalire all'Oleandro(Leandro) secondo una consuetudine medievale di attribuire il nome di piante a via e piazze: nei pressi di questa Piazza infatti vi sono vicolo dell'Olmo, via Colle dell'Olivo, via di Laura (Alloro=Lauro).
La figura di Leandro, nata dalla fantasia romantica di Padre Alberto Guglielmotti, ha radicatio una forte leggenda accettata storicamente da Carlo Calisse e creduta acriticamente fino ai giorni nostri, è però contraddetta dalle ricerche storiche condotte da Odoardo Toti a partire dal 1958 e confermate dalle indagini archeologiche condotte sul sito della città leoniana dalla Prof Letizia Pani Ermini dell'Università di Roma La Sapienza a partire dal 1998.
La Centumcellae (Leopoli-Cencelle) fondata da Leone IV si estinse definitivamente solo nella seconda metà del XV secolo, in concomitanza con la scoperta dell'allume tra i monti della Tolfa e il conseguente sviluppo commerciale della romana Centumcellae, che attorno all'anno 1072 compare per la prima volta come una Rocca sulle rovine del porto, con il nome di Civita Vetula o Civita Veccla, donde il nome definitivo di Civitavecchia. Le lettere OC che campeggiano nell'insegna araldica di Civitavecchia, si ritiene che non siano le iniziali del motto "Ottimo Consiglio" riferibile alla favola del mitico Leandro che avrebbe "consigliato" gli abitanti a fare ritorno alla città marinara, bensì le iniziali del motto ORDO CENTUMCELLENSIS in ricordo e ad onore delle origini romane di Civita vecchia.
Sui primi secoli della città rinata le notizie sono assai scarse. Nell'XI secolo ebbero signoria su Civita Vetula il Conte Ranieri di Civitacastellana e il Monastero di Farfa. Il Pontefice Innocenzo II concesse Civita Vetula in feudo a Pietro Latro appartenente alla famiglia romana dei Corsi. I feudatari che ebbero più a lungo il possesso della città furono i Prefetti di Vico, ai quali fu inizialmente concessa la sovranità da Federico Barbarossa poi confermata anche dal papa Urbano IV. A contendere la sovranità sul feudo ai Prefetti di Vico fu la famiglia nobile dei Romani che esercitò il potere sulla Rocca prima di restituirlo a Giovanni di Vico nell'anno 1347 (fonte: Carlo Calisse, Storia di Civitavecchia). L'ultimo feudatario di Civitavecchia fu Giacomo Di Vico il quale si unì ai Colonna contro il Papa Eugenio IV. Nell'anno 1431 il pontefice invio contro Giacomo l'esercito comandato dal cardinale Giovanni Maria Vitelleschi e composto dai migliori capitani di ventura dell'epoca: Fortebraccio, Ranuccio Farnese e Menicuccio dell'Aquila. Nonostante il numero soverchiante dei fedeli al Papa la rocca di Civita Vecchia o Civita Vetula risultò inespugnabile e Giacomo Di Vico riuscì a trattare la resa, cedendo la città alle forze del papa per 4.000 fiorini d'oro.
Parallelamente alle lotte intestine della nobiltà romana per il controllo del feudo civitavecchiese, il popolo della città cominciava a sviluppare i propri statuti comunali di cui si ha la prima traduzione in volgare conosciuta risalente al 1451 ed è opera di Bartolomeo di Ser Giovanni da Toscanella, vicario di Civitavecchia. A capo della magistratura comunale era posto un Visconte che durava in carica 4 anni ed era coadiuvato da un Camerlengo che svolgeva le funzioni di tesoriere, nonché da due "assessori" chiamati consiglieri o ufficiali. Con la vittoria di papa Eugenio IV su Giacomo Di Vico il potere dei papi su Civitavecchia si consolidò definitivamente, dando inizio ad un periodo di rinascita della città nel quadro del contestuale Rinascimento italiano. Papa Nicola V provvide a restaurare le mura nel 1455, e il suo successore Sisto IV doto la città di un'efficiente acquedotto. Come per il resto dello Stato Pontificio fu Papa Giulio II a dare il maggior impulso di sviluppo e rinascita di Civitavecchia. Fu sotto il suo pontificato che iniziarono i lavori della fortezza, progettata dal Bramante, ma che prese il nome di Michelangelo, anche se quest'ultimo, su commissione di Papa Paolo III si limitò a realizzare la parte superiore del maschio esagonale, completando l'opera nel 1535.
Nel 1522 l'Ordine dei Cavalieri Ospitalieri con il loro Gran Maestro Filippo Villiers, a seguito della loro cacciata dall'isola di Rodi da parte dei turchi, si stabilì a Civitavecchia rimanendovi fino al 1530, anno in cui Carlo V concesse ai Cavalieri l'Isola di Malta, di cui assunsero in seguito il nome. Papa Paolo III benedì a Civitavecchia le navi delle flotte veneziana, genovese e spagnola, che nel 1535 partirono dal porto della città per combattere i pirati di Tunisi, il cui capo era il celebre corsaro Aruj Barbarossa.
Durante tutto il XVI secolo la città fu fortifica e dotata di nuove infrastrutture. Si segnalano per pregio e importanza le mura del Sangallo, iniziate nel 1515 e terminate nel 1555 sotto il pontificato di Giulio III, nonché di opere di difesa andate perdute nel bombardamento dell'ultima guerra come il bastione della vecchia darsena e le quattro torri di avvistamento (Chiaruccia, Marangone, Valdaliga e Bertalda). Il Papa Sistso V istituì la flotta pontificia permanente di stanza a Civitavecchia nell'anno 1588, dotando la città di acqua dalla sorgente di San Liborio. I papi Clemente VIII, Paolo V e soprattutto Urbano VIII, contribuirono a portare il porto alla piena efficienza perduta con la caduta dell’Impero Romano d’Occidente.
Nel XVII secolo Civitavecchia fu dotata da Papa Alessandro VII di un imponente arsenale, andato distrutto nel corso dei bombardamenti alleati subiti dalla città nella seconda guerra mondiale e il suo porto divenne nevralgico per l'approvvigionamento di cereali, da cui dipendeva la capitale. In meno di un secolo la popolazione passò da mille a tremila abitanti. L'arsenale costituiva un supporto indispensabile per la flotta pontificia impegnata all'epoca nella lotta contro la pirateria e la politica espansionista dell'Impero Ottomanno. Nel 1693 Civitavecchia ottenne lo statuto di città.
L'anno precedente (1692) papa Innocenzo XII aveva promosso il ripristino dell'antico acquedotto di Traiano, incrementato dalla captazione di nuove sorgenti. Nell'approssimarsi della sua inaugurazione, il 6 maggio 1696 il pontefice si recò personalmente a Civitavecchia per spronare la conclusione dell'opera, lunga 35 km. Fu all'inizio del XVIII secolo che, data l'accresciuta importanza della città, Civitavecchia divenne sede di governatore e capoluogo di provincia, che comprendeva i territori di Tolfa, Allumiere e Tarquinia. Ancora in questo periodo, però, le autorità cittadine erano quelle di epoca rinascimentale, ossia il visconte e il camerlengo.
Il secolo d'oro, caratterizzato da pace e stabilità, stava per finire. Con l'occupazione dello Stato Pontificio i francesi presero possesso anche della città di Civitavecchia nel 1798 e del suo porto. Qui nello stesso anno si concentrò e prese imbarco una divisione francese di 6.000 uomini, guidata dal generale Desaix, destinata da Napoleone Bonaparte alla campagna d'Egitto. A tal fine fu requisita ed utilizzata tutta la flotta pontificia. Il generale austriaco Mack, alla testa dell'esercito del Regno di Napoli, invase lo Stato Pontificio nel novembre del 1798. Le truppe francesi a quel punto si ritirarono dalle città per concentrarsi e resistere uniti all'invasore. Le istituzioni cittadine a quel punto decisero di mostrarsi neutrali alla disputa che impazzava tra i francesi da una parte e austriaci, che peraltro godevano dell'appoggio inglese da mare e di quello russo da terra. Quando i francesi tentarono di rientrare in città, il primo febbraio 1799, la città chiuse le porte dando inizio ad un lungo assedio, durato oltre un mese. Le forze francesi in campo ammontavano a circa 3000 uomini ben equipaggiati con artiglieria pesante, guidati dal generale Merlin. Nonostante la soverchiante superiorità di forze i francesi non riuscirono a fare breccia tra le mura e, infine, il Popolo di Civitavecchia poté trattare una resa onorevole.
Nel 1809 tutto lo Stato Pontificio venne annesso all'Impero Francese e grande impulso fu dato da Napoleone allo sviluppo delle infrastrutture e delle istituzioni della città. Furono creati tra l'altro il Tribunale, la Camera di Commercio e un'importante Stazione Meteorologica.
Dalla restaurazione all'Italia unita
Con il ritorno di Pio VII sul seggio di Pietro nel 1814, a seguito della disfatta napoleonica, venne dato ulteriore impulso alla crescita delle istituzioni locali, con la creazione di un Ufficio di sanità marittima, che aveva competenza su tutto il litorale dello Stato. In questo periodo di restaurazione Civitavecchia divenne capoluogo di Delegazione e il visconte e il camerlengo furono sostituiti da un gonfaloniere, con funzioni di "sindaco", coadiuvato da una giunta di sei persone chiamati Anziani. Leone XII ripristino la cattedra vescovile di Civitavecchia, soppressa dalla caduta di Centumcellae e da allora unita a quella di Tuscania. Nel corso del papato di Gregorio XVI, furono costruiti importanti edifici, tra cui il Teatro Traiano.
Il popolo di Civitavecchia, di sentimenti liberali, aderì subito al movimento risorgimentale. Il 9 febbraio 1849, giorno in cui fu proclamata la Repubblica Romana, il primo tricolore sventolava sul Forte Michelangelo. L'entusiasmo durò poco e fu subito spento il successivo 24 marzo, allorquando le truppe francesi di Luigi Napoleone Bonaparte, comandate dal generale Oudinot, sbarcarono in città con l'intenzione, malcelata, di ristabilire l'ordine e rimettere il Papa al suo posto di comando. Il popolo non oppose resistenza convinto, a torto, che i francesi avrebbero svolto quel ruolo di "liberatori" dall'oppressione clericale che gli era stato proprio qualche anno prima. L'ultimo ventennio di dominio pontificio su Civitavecchia fu caratterizzato, sotto il pontificato di Pio IX, da importanti opere pubbliche, tra cui il tronco ferroviario Civitavecchia Roma del 1859.
Il 16 settembre 1870, quattro giorni prima della Breccia di porta Pia, gli italiani guidati da Nino Bixio, fecero il loro ingresso in città tra ali di folla plaudente. Civitavecchia divenne così definitivamente italiana. È la fine del potere ultra millenario dei papi risalente (sia pur con qualche discontinuità) all'anno 728 d.C. Civitavecchia, durante la seconda guerra mondiale, venne rasa al suolo dalle bombe alleate nel corso dei 76 bombardamenti protrattisi dal 14 maggio 1943 al giugno 1944. Fu luogo di forte movimento partigiano, anche se Mussolini faceva frequenti visite in questa città. Si può dire che il movimento partigiano ha antiche origini che risalgono alla forte compagine degli Arditi del Popolo, fondata nel 1921 da Argo Secondari ex pluridecorato Ardito assaltatore. Tale formazione univa principalmente anarchici, ma anche comunisti, socialisti e altri idealisti di sinistra, l'appoggio delle masse operaie a tale formazione fu molto rilevante proprio a Civitavecchia, per cui la bandiera degli Arditi del Popolo di Civitavecchia assunse valenza nazionale come gagliardetto delle squadre di difesa antifascista.
Durante la guerra si contano, in questa città, circa duecentocinquanta caduti e danni irreparabili a strutture storiche.
Nel 1949 cedette la frazione di Ladispoli al comune di Cerveteri.
L'8 marzo 1999 Civitavecchia ha ricevuto la Medaglia d'oro al Valor civile, per i sacrifici delle sue popolazioni e per i danni alla città.
Il 4 ottobre 1949 Santa Marinella e Santa Severa si distaccano da Civitavecchia diventando Comune autonomo.

Cattedrale Civitavecchia

La Rocca

Terme Taurine

Torre del Lazzaretto

La Frasca